lunedì 30 gennaio 2012

maschio alfa- brutale esempio di megalomane?

Ricorderete certamente il mio capo, denominato il maschio alfa, con tutta l'annessa storiella in cui la sottoscritta la scampò bella trattenendo i suoi ormoni ed evitando di strattonarlo per la cravatta e sbatterlo sulla libreria in preda a un complesso edipico (che per le donne, sottolineiamo, si chiama complesso di Elettra).

Ebbene.
Il capo suddetto è entrato nel mio studio sventolando il suo tema natale astrologico, sedendosi sulla sediola di fronte alla mia e dicendo: "Dottoressa, me lo legge?"
Dopo una lettura approfondita dei suoi astri, una cosa rimaneva in sospeso e non potevo certo dirgliela: l'opposizione di Marte in quinta casa alla sua Venere natale (in Pesci, patrona degli amori platonici) gridava "sono impotente!".
Meglio non dire niente, mi dissi.

Sta di fatto che, dopo questa incursione nel mio studio, si appalesa un'altra stranezza del maschio alfa: fuori dal suo studio personale è arrivata un paio di giorni fa una statua finto antica, dimensioni 70 centimetri, DORATA, di San Pietro.
Quando gli ho chiesto: "e quella?" mi è stato risposto con immensa naturalezza: "è per dare l'idea di dove si sta entrando: nel sancta sanctorum."

A prescindere dalla bruttezza terrificante della statua suddetta, il suo significato è forse ancora più orribile.

Ora, voi saprete bene che anche la megalomania è segno di impotenza.
Tuttavia, qualcosa va a discapito di tale mia ipotesi: ha un bidet nel bagno dello studio, e ciò mi fa pensare che in fondo sia un po' puttaniere. Ma non si vede una donna a pagarla oro.

Lisa, scusa, non puoi farti i cazzi tuoi?
Zitto cervello, sto lanciando un sondaggio per gli utenti!

Eccoci al dunque: credi anche tu che un narcisista megalomane che lavora anche il 25 dicembre, i sabati e le domeniche, separato da 17 anni ma che fa le feste comandate con l'ex moglie, con una statua di San Pietro dorata a grandezza naturale fuori dal suo studio, che fa lo scemo con tutte ma non esce con nessuna, sia impotente?

Sbizzarritevi, gente.
Sbizzarritevi.

giovedì 26 gennaio 2012

Mr. Big 5- il biglietto

Non posso, in ogni caso, lasciar correre troppo tempo prima di raccontarvi ancora di Mr. Big.
Eravamo arrivate a quello che definirei il "primo appuntamento".
Ne seguirono molti altri.
Così tanti - e così belli - che, per un bel pezzo, dimenticai il fatto che lui era sposato.

Non così tanto sposato, in realtà: molti uomini single avevano meno tempo di lui a disposizione. Ogni giorno, all'una, puntuale come un orologio, Davide era a casa mia.
Qualche volta non tornava al lavoro, il pomeriggio.
Qualche volta trovava il letto cosparso di petali di rosa.
Qualche altra il suo dolce preferito.
A volte si fermava a dormire, e la notte successiva usavo io il suo cuscino.

Spesso, lo ricordo ancora, telefonava di lunedì, dopo un week-end senza sentirci, e diceva "ho un lavoro di due giorni da fare a Verona/a Roma/a Firenze, ti va di venire con me?"
Allora mollavo i libri sulla scrivania, salivo in macchina senza troppo preavviso, buttando in borsa un baby-doll e qualche vestito, e in viaggio le mani si accarezzavano sul cambio.

I primi cinque mesi volarono via così. Il terzo anno di università non feci, in effetti, molti esami.
Ma non me ne importava: ero innamorata. E lui di me.

Mi insegnava, nel frattempo, alcune cose che rimangono nel mio bagaglio ancora oggi: a guardare lontano, nella vita, e far l'occhio lungo per cercare di capire dove ci porteranno le due strade di un bivio; a spostare lo sguardo in alto, quando si cammina per strada (in città è lì che tengono i fiori più belli); a saper riconoscere le persone dal loro passo; a interpretare i sogni.
E a portare pazienza.

Sì... tanta pazienza.

Un giorno, presa dall'entusiasmo, gli stavo accarezzando i capelli. Lui faceva il caffè.
"Hai mai pensato di lasciarla?"
"Certo che ci ho pensato."
"E...?"
"Bisognerà avere un po' di pazienza...sono sposato da così poco tempo e lei si aspettava una mano con la bambina..."

Per un bel pezzo non ne parlai più: quello che avevo mi bastava e d'altronde eravamo sempre insieme, con la differenza che non dovevo ascoltare i suoi problemi la sera quando tornava a casa, e non trovavo le sue mutande nel cesto della roba sporca.

Alcuni dicono che l'amante si prende la parte migliore.

Ma un giorno, quando scese da casa mia, trovò un biglietto della moglie sul tergicristallo della macchina.
"Lo sapevo", era scritto. "Complimenti."

Da quel giorno tutto cambiò.

lunedì 23 gennaio 2012

prove dell'evoluzione: tesoro, sei un crimine

Prima di tutto, buona settimana, ché (almeno per me) ce n'è un gran bisogno.
Tempo fa, se ricordate, cianciavo a proposito di un trombamico diventato quasi-moroso. Ebbene, la cosa ha seguito il suo corso e mi trovo 'quasi' felicemente morosata, laddove il "quasi" sottintende personali riflessioni sul gusto del suddetto maschio in tema di abbigliamento.
Ora, so che non l'ho mai detto, ma credo si capisca: io sono abbastanza fissata col buon gusto. Non sono una modaiola... diciamo piuttosto che interpreto lo stile a modo mio, a giorni uscendo in un evergreen stile collegiale giapponese, un altro in minigonna, un altro in jeans e giacchette varie ed eventuali; l'importante è scegliere quello che mi dona e non sbattere in faccia colori improponibili stile arte moderna.

Qualcosa, in particolare, mi ferisce, e temo di averlo capito una mattina di buon'ora. Mi alzavo dal letto del mio principe azzurro e lo trovavo già vestito nella seguente maniera:
- pantaloni a righe verticali bianche e nere (cosa ben diversa dal gessato)
- camicia gessata, nerissima con righine bianche
- bretelle rosse
- anfibi
- giacca nera con cuciture bianche

Ovviamente non ci sono smiley per descrivere la mia faccia.
Nel mio cervello orbitava l'angelo custode Enzo [vedi il programma: "ma come ti vesti?!"] che istericamente sbraitava:
"Cristo santissimo!!! Sembri scappato da Alcatraz!!!"

Ancora assonnata, quindi, rantolavo di fronte alla visione oscena che mi si presentava innanzi.
Dì qualcosa!, mi bisbigliava il mio cervello, Altrimenti uscirà così!
"Vieni qui..." gli bisbiglio tutta affettuosa.
"Buongiorno..."
E tra uno sbaciucchiamento e l'altro:
"Tesoro, riconsidera il tuo look... sei un crimine contro l'umanità."
"Ma se è tutto con le righe dello stesso colore?!"

No. Allora, non ci capiamo mica, sai... sei vestito da criminale ai lavori forzati e manca solo che quei pantaloni siano di flanella: non puoi osare difenderti.
Urge un intervento mirato.
Propongo così di andare a fare shopping.
Poiché so benissimo cosa mi aspetta, premedito i seguenti passi strategici:

1) lo ubriaco
2) quando non capisce più niente gli getto addosso 20 vestiti che piacciono a me e gli dico "provali", in modo che lui non abbia voglia di sceglierne altri.
3) Tra quei 20 avrà una certa facoltà di scelta
4) dormirò più spesso da lui per insegnargli l'abc della moda appena svegli: non si mischiano le righe, non si mette il maglione blu col jeans nero (LO FA), non si mischiano le fantasie, butta via le bretelle, non metterti più pantaloni da donna, ma specialmente... il look punk si addice a personaggi di due metri per 20 chilogrammi, che risiedano a Londra alla fine degli anni '70. Tu non hai alcuna di queste caratteristiche, quindi sarai fiondato da zia Lisa in una macchina del tempo che ti porti al 2012.

Buona camicia a tutti.

lunedì 16 gennaio 2012

casi clinici - il finto amico

Prendendo spunto da uno dei commenti all'ultimo post, ecco la mia storia.

Non ero che una ragazzina di 14 anni quando lo vidi per la prima volta.
Lo avevo incontrato per caso con un'amica e fin dal primo giorno era nata una bella amicizia.
Qualcuno dice che non esiste l'amicizia tra uomo e donna: ad esempio Harry in "Harry ti presento Sally".

Per anni ci eravamo trastullati con spinelli, feste in piscina, gite in motorino e concerti.
Finché, un giorno, a diciassette anni, mi salta fuori con "ti ho sempre amata".
Eccallà.
La frase in questione mi costrinse a riflettere: Daniele - il mio Daniele! -, che mi aveva vista in costume, in topless, ubriaca a correre nel vigneto, a strisciare (ovviamente in condizioni psichiche pessime) con la carena del motorino sul marciapiedi  mentre urlavo "le scintillineeee!!!", mi aveva sempre amata.

A prescindere dal fatto che doveva trattarsi, per lui, di vero amore, date le condizioni in cui spesso ci trovavamo, io avevo sempre creduto che Daniele fosse l'asessuato compagno di feste. E pensare che davanti a lui mi ero baciata i suoi amici, che gli avevo parlato dei miei morosi... la cosa aveva del diabolico.

Nonostante tutto, per quella volta, provai a dar corda alla cosa.
Non l'avessi mai fatto, scoprii che Daniele non era asessuato: era finocchio e non lo sapeva. E le dimensioni... oh, mio dio, inaccettabili (che le dimensioni non contino è infatti una leggenda metropolitana messa in giro dagli uomini poco dotati).

Avete presente baciare il culo di una gallina?
Ecco.

Senonché niente, lui era convinto di amarmi. E faceva i piani per il futuro insieme.
Quando gli dissi "guarda, mi sono sbagliata", pianti e urla si sprecarono. Tirò pugni su tutti i muri della città. Trovai dei romanticissimi cartelli per la strada, a partire da casa mia e fino al mio liceo, con scritto "Lisa mia, ti prego sposami".
Sposarti? ho 17 anni!

Così, dopo essermi eclissata per un anno, ai tempi dell'università ci rincontriamo, facciamo festa assieme,  gli presento il mio fidanzato (ebbene sì, in tempi non sospetti ho avuto un fidanzato) e dopo altri tre anni di finta amicizia salta fuori con "ti ho sempre amata".
E ricomincia la solfa: fiori, serenate, "ti prego Lisa, sposami", appostamenti sotto casa, scenate di gelosia se uscivo con un altro, e via dicendo.

Iniziavo quindi a pensare che il tipo in questione fosse pericoloso e che non era escluso che mi avrebbero trovata a pezzi nel fosso di un paesello dimenticato da dio.

Così mi eclisso per un altro anno e cambio numero di telefono.
Passano gli anni, la laurea è vicina e me lo ritrovo in università a frequentare gli ultimi corsi. Decidiamo di farci un aperitivo in nome dei vecchi tempi, in cui mi chiede scusa per "quando era un giovane idiota" e mi dice che potremmo vederci ogni tanto. Rimango un po' dubbiosa sul punto, anche se l'incubo degli anni precedenti era quasi passato nel dimenticatoio: forse anch'io avevo esagerato.
Dopo due mesi, una sera in cui tornavamo a casa sotto la neve, lui mi bacia.
"No Daniele, guarda, mi disp..."
"Zitta... ti prego, uno solo".
"No, mollami, vado a casa"
"Io sono sempre stato convinto che tu fossi la donna della mia vita"


Sapete come si scarica uno stalker? Così:
"E io sono sempre stata convinta che tu sia un finocchio impotente."

Più sentito. Quando mi incontra non mi saluta.
Non nascondo che per i primi tre mesi, quando tornavo a casa la sera, avevo le chiavi di casa in mano per dargliele eventualmente in un occhio.

Per ora sono passati tre anni, poi vi saprò dire.